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L’abbazia di Vezzolano
CAPOLAVORO DEL PIEMONTE MEDIEVALE
Per raggiungere l’Abbazia di Vezzolano bisogna lasciare alcune certezze alle spalle.
I vigneti dell’Astigiano, ad esempio, che finora dominavano il paesaggio e, d’improvviso, scompaiono, lasciando spazio a colli coperti di boschi e fondovalle gialli e verdi, coltivati a grano e maggese. Le città e i borghi si rarefanno, aprendosi ad una campana sempre più selvaggia. Anche le strade paiono diminuire: confluiscono fra le colline e si perdono chissà dove, causando nel viaggiatore una sensazione di smarrimento, come se le cime dei colli, d’un tratto, diventassero inaccessibili.
Raggiungere l’Abbazia di Vezzolano significa retrocedere nel tempo. Ci si immerge nella parte più antica del Monferrato, quella meno battuta e antropizzata, dove la presenza della civiltà – proprio come accadeva nel Medioevo – si concentra attorno ai campanili o, più raramente, all’ombra delle mura di un castello, che in questa parte dell’Astigiano ha forme austere, da cui svettano possenti torri merlate.
Ci troviamo nella parte nordoccidentale della Provincia di Asti, al vertice di un triangolo ideale la cui base è tra Asti e Chieri. Siamo sulle ultime dorsali dei colli che, di lì a qualche chilometro, si affacciano sul corso del fiume Po, una delle zone più boscose del Piemonte meridionale dove, come dimostrano recenti rilievi, le foreste stanno riconquistando il paesaggio a scapito delle coltivazioni.
La sensazione di vastità è qualcosa di inedito per chi arriva dalle colline delle Langhe, dal Torinese o anche solo da Asti. Qui le vigne sono davvero in minoranza, si arrampicano solitarie su erti colli e sono coltivate a soprattutto a Grignolino, Barbera E Freisa, quest’ultima coltivata nelle vicinanze di Chieri.
Terre di campagna e di fede. A Castelnuovo d’Asti (oggi Castelnuovo Don Bosco) nacquero San Giovanni Cafasso, il beato Giuseppe Allamano e San Giovanni Bosco, quel “Don” a cui è stato ribattezzato il paese. Terre di meravigliose pievi campestri e imponenti abbazie, come quella di Vezzolano, capolavoro senza eguali del romanico piemontese.
Gli incredibili interni affrescati
L’ANTICA ABBAZIA
Tanto celebre e prestigiosa fu l’Abbazia di Vezzolano che la sua edificazione si perde nella leggenda. Qualcuno scomoda addirittura Carlo Magno, che nel 773 ne ordinò la costruzione dopo aver avuto una visione ultraterrena durante una battuta di caccia nei dintorni. I documenti a disposizione fanno propendere per una storia più recente, ma non di molto. Dobbiamo risalire al 1095, quando, gli ecclesiastici Teodulo ed Egidio si impegnarono a fondare una comunità religiosa attorno alla chiesa di Santa Maria, sui colli di Albugnano, molto probabilmente il primo nucleo della futura abbazia, ancora oggi dedicata alla Vergine.
Le meravigliose forme attuali, scandite dalla tipica alternanza dell’arenaria bianca e del rosso mattone di cotto, sono del XII secolo. La chiesa ha una pianta di tipo basilicale, ovvero a tre navate, ma quella di destra fu chiusa e trasformata nel muro esterno del chiostro. Ciò che colpisce sono gli interni, appartenenti ad un precoce stile gotico. La navata centrale è divisa da un pontile sostenuto da colonnine, chiamato jubè. Si tratta di una soluzione architettonica assai rara, adottata tra il XII e XIII secolo, che ricalca le forme orientali dell’iconostasi, ovvero quella parte terminale della chiesa che era adibita all’eucarestia, lo spazio più sacro, accessibile solo ai sacerdoti. Sopra lo jubè, si staglia un incredibile bassorilievo del XIII secolo raffigurante i Patriarchi e le Storie della Vergine. Ai lati della finestra centrale dell’abside si trova poi un’altra sorprendente testimonianza altomedievale: una scultura policroma (ovvero colorata) del 1100 rappresentante l’Annunciazione.
Riccamente decorati sono tutti i capitelli e le decorazioni delle finestre, che svelano le forme semplici e sobrie dell’arte romanica, imbevuta di una fede autentica e luminosa. La stessa fede che percorre tutta l’Abbazia di Vezzolano e di cui sono imbevuti i suoi dintorni, immersi in una quiete tanto profonda che non è difficile credere ispirasse al raccoglimento e alla preghiera.
Particolare dello Jubè dell'Abbazia di Vezzolano
I VINI DELLA ZONA
Tra i grandi vini dell’Astigiano nordoccidentale, non possiamo dimenticare il Grignolino e il Freisa d’Asti, ottenuti dagli omonimi vitigni. Il grignolino è una varietà davvero particolare: difficile da coltivare, richiede costante cure in vigneto. Il colore dei suoi vini è rosso tenue, ma non fatevi ingannare: ha una bella struttura tannica!
Proprio come il Grignolino d’Asti di Duchessa Lia, dal carattere giovane e squillante, con tannini ben marcati ma morbidi, che lo rendono perfetto per accompagnare la cucina tradizionale piemontese: salumi, formaggi a media e lunga stagionatura, ma anche i fritti. Particolarità del Grignolino è la sua freschezza, che lo rende perfetto in abbinamento al pesce (provate per credere!).
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Il Freisa d’Asti Duchessa Lia è invece giocato sull’amabilità e sui profumi. Sprigiona note di rosa e di lampone in un corpo morbido, che si abbina bene tanto alle carni rosse quanto, servito a fine pasto, alla frutta e ai sorbetti.