Virginia Oldoini, la Contessa influencer

Virginia Oldoini, la Contessa influencer

 

Inauguriamo con questo post A Noble Story, la rubrica del blog di Duchessa Lia dedicata alle «storie di nobiltà». Brevi narrazioni dedicate ai nobili spiriti del Piemonte, personaggi che, nel corso della loro esistenza, hanno vissuto la «nobiltà» nelle accezioni più positive e ideali: nobiltà come rapporto fecondo tra tradizione e innovazione, grandezza d’animo e di passioni; nobiltà di aspirazioni, di stile ed eleganza. A ciascun post abbineremo un vino: il nostro personale invito a gioire con tutti i sensi, dalla testa al palato. 

 

Febbraio è mese di grandi sfilate e di anteprime: da New York a Parigi, passando per Milano, le varie “settimane della moda” definiscono tendenze e canoni che influenzeranno l’anno a venire. Seguiteci, e scoprite chi sarà il personaggio che abbiamo scelto di ritrarre per la «nobiltà del suo stile»: un implicito omaggio anche al grande Karl Lagerfeld, appena scomparso, il cui nome si è legato inscindibilmente alla moda contemporanea.

 
Tempo di lettura: 4 minuti.
Vino consigliato: Barbera d’Asti Superiore Docg Galanera di Duchessa Lia. Morbida e complessa, profonda e vellutata, in perfetto equilibrio tra acidità e freschezza: come la storia che andiamo a raccontare.

 

La Contessa di Castiglione indossa Ritrosetta«Quella Contessa Castiglione bellissima, di cui si favoleggia». Così il poeta Guido Gozzano dipinge Virginia Oldoini: la «più bella donna d’Europa», «dea dell’Ottocento», come veniva descritta dai rotocalchi dell’epoca. Bella fu bella. Anzi bellissima. Ma il fascino magnetico, l’incredibile malìa e le sfrenate passioni che suscitò su posteri e contemporanei, più che all’aspetto fisico, si dovettero all’ambizione: quella di diventare leggenda della contemporaneità, di cucirsi addosso la fama di femme fatale, artista eccentrica, modella e stilista, mito vivente: una Coco Chanel del Risorgimento.

Figlia del nobile marchese spezzino Filippo Oldoini e della fiorentina Isabella Lamporecchi, Virginia vide la luce a Firenze il 23 marzo 1837. Divenne contessa di Castiglione Tinella e Costigliole d’Asti sposando, nel 1854, Francesco Verasis, cugino di Cavour che, pur di affiancarsi alla «più bella», la prese in moglie sapendo perfettamente di non essere ricambiato. Dalla Liguria a Costigliole, da Torino fino a Parigi, la Contessa utilizzò la sua immagine per scalare le più alte gerarchie dell’epoca, affiancandosi a uomini sempre più potenti, fino alla corte dell’Imperatore Napoleone III, che ammaliò al punto da portarlo a sostenere la causa dell’indipendenza italiana.

Catapultata ai giorni nostri, la diva Contessa non faticherebbe a definirsi una influencer, personalità eclettica che, attraverso imprevedibili idee e una maniacale cura dell’immagine, contribuisce a definire ciò che è moda, tracciando una rigida linea di confine tra stile e sciatteria. 

Scherzo di follia - 1860ABITI E FOTOGRAFIA

Strumento principe della sua favola furono due elementi centrali nella cultura contemporanea: l’uso dei vestiti e quello della fotografia, che allora muoveva i primi passi. Virginia dedicò tutta sé stessa ai dagherrotipi, realizzandone oltre 400: passava ore e ore nei più importanti atelier fotografici dell’epoca, dedicando le cure più minuziose alla ricerca degli abiti, ma, soprattutto, alla naturalezza della posa.

La neonata fotografia era infatti stereotipata: l’obbligo dei tempi di impressione su lastre di metallo costringeva il modello a restare fermo anche per un quarto d’ora. L’originalità della Contessa fu di utilizzare le pose tipiche di quel periodo rivestendole di una naturale freschezza, quasi come fossero istantanee, ricche di movimento e di slancio grazie all’uso sapiente delle crinoline e delle toilette.

Nessuno come la Contessa era riuscito ad imprimere tanta personalità alla propria figura, mescendo le arti del trucco a quelle del vestito, le pose attoriali a quelle naturali, la bellezza classica all’eccentricità dell’inquadratura: un concentrato di attenzioni che non solo restituivano l’immagine di una donna alla moda, ma stupivano per la novità della ricerca. Gli abiti della Contessa di Castiglione diventavano cartamodelli per le collezioni delle boutique parigine; le sue pose furono riprese da pittori, a distanza di decenni; le inquadrature dei dagherrotipi fecero scuola a tutta la nascente fotografia artistica da studio.

 

Su tutto, della Contessa trionfò l’atteggiamento. L’aura di creatura «estetica», dedita alla ricerca della bellezza eccentrica che anticipò stilemi dell’arte e della moda contemporanea.

TESTIMONIAL DEL SUO TEMPO

Un esempio su tutti è la celebre Scherzo di follia, fotografia del 1860. La posa, la capigliatura, il contrasto tra la pelle diafana e il vestito scuro, l’assenza di sfondo e l’assoluta concentrazione dell’attenzione sulla figura dell’ovale che contiene l’occhio della Contessa, enigmatica e perturbante, saranno elementi ripresi dal Barone de Meyer, dalla Marchesa Casati, in una linea che unisce idealmente Dadaismo, Surrealismo e certi scatti di Marina Abramovich.

Nel campo della moda raggiunse l’apice negli anni 1856-57, mentre abitava stabilmente a Parigi. Assidua frequentatrice di balli in maschera, dove i nobili sfoggiavano le mise più audaci, veniva minuziosamente celebrata dalla stampa. Il Ritrosetta fu il suo cavallo di battaglia: «una gonna di crêpe tenuta alzata da uno spettacoloso nodo di pizzo nero, contornato di lilla naturale». La Contessa divenne così celebre che gli atelier cominciarono a vantarsi di averla tra i clienti e non furono pochi quelli che, pur di pubblicizzare le loro creazioni, chiesero a Virginia Oldoini di indossare i loro colori, trasformando la nobile italiana nella prima testimonial pubblicitaria della storia moderna.


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